6 La dominazione vandala e bizantina

Secondo alcuni sardi (o molti, secondo altri), tutti i Popoli «invasori» sarebbero venuti in Sardegna per trarne profitto, per depredarla di eventuali ricchezze. E’ un’opinione rispettabile, ma senza fondamento, perché la Sardegna è sempre stata un’isola povera, più un mercato d’importazione che di esportazione. E’ invece sostenibile che quei Popoli abbiano scelto la Sardegna perché rappresentava uno scalo importante nella navigazione mediterranea, né troppo vicino né troppo lontano dall'Asia e dall'Africa, da dove sono partiti tutti i Popoli arrivati dal mare. Ed è stato soprattutto grazie al contributo di tali «invasioni» che la Sardegna è giunta alla modernità e attraverso il mare sono giunte in Sardegna più ricchezze di quante ne siano uscite. Tra i Popoli antichi ne forniscono un’ennesima dimostrazione i Vandali e i Bizantini, di cui in genere si parla poco.

La dominazione vandala

Mappa dell'Impero bizantino
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prima di Giustiniano (527) e dopo la sua morte (565).

A porre fine alla dominazione romana in Sardegna furono, come in tutto l’Impero Romano d’Occidente, le invasioni barbariche. Uno dei principali popoli «barbari», i Vandali (popolazione germanica stabilitasi inizialmente nell’Africa settentrionale), nel 455-456 invasero la Sardegna e vi restarono per circa ottant’anni. Essendo interessati soprattutto al controllo delle rotte marittime tra l’Africa e il resto del Mediterraneo, considerarono l’isola un importante centro strategico, per cui occuparono prevalentemente le zone costiere dell’isola per lo sfruttamento dei porti esistenti e non si spinsero all’interno dell’isola se non per compiervi razzie (perché allora il commercio di schiavi era molto lucrativo). Pertanto è comprensibile che non abbiano lasciato in Sardegna testimonianze significative della loro presenza.

E’ invece probabile che la violenza dei Vandali, cristiani di confessione ariana, abbia favorito un certo spirito unitario del popolo sardo di fede cattolica attorno ai vescovi delle cinque diocesi dell’epoca: Caralis (Cagliari), Forum Traiani (Fordongianus), Sulci (Sant'Antioco), Turris Libisonis (Porto Torres) e Senafer-Cornus. Un secolo dopo, all’epoca di Gregorio Magno (590-604), quando gran parte dei sardi ad eccezione dei Barbaricini era stata cristianizzata, l’isola sarà suddivisa in sette diocesi e nell’XI secolo addirittura in 18, lasciando intravedere una presenza sempre più influente del potere religioso nella popolazione e nell'organizzazione statuale.

La localizzazione delle nuove diocesi nelle pianure e colline cerealicole è significativa. Infatti 4 si trovavano a nord (Ampurias, Ploaghe, Sorres e Bosa), 4 a ovest (Tharros, Santa Giusta, Terralba e Usellus – di cui le prime due si estendevano sul massiccio della Barbagia); 1 a sud (Dolia) e 2 a est (Suelli - che aveva sede all'interno della diocesi precedente con giurisdizione sull'Ogliastra - e Galtellì). Nella Sardegna pastorale, invece, si trovavano solo tre diocesi: Castra, Bisarciu e Ottana.

I due papi sardi Ilario e Simmaco.
I Vandali lasciarono in Sardegna poche tracce, ma la loro influenza sulla Sardegna non va sottovalutata. Il fatto, per esempio, di aver spinto i Sardi a stringersi attorno ai loro vescovi può aver contribuito non solo a rafforzare la loro ricerca di unità per potersi difendere meglio, ma anche a ricercarla nella struttura ecclesiale, che rappresentava probabilmente l’organizzazione più efficiente. Non è dato sapere quanto abbia influito questo atteggiamento dei Sardi sul papato, ma è interessante notare che proprio nel periodo della dominazione vandala, a Roma vennero eletti papi due sardi: Ilario (461-468) e Simmaco (498-514). E’ invece certo che da allora il papato, oltre a legittimare il suo potere giurisdizionale sulle diocesi, ha cercato di estendere la sua influenza anche sull'organizzazione sociale e politica dell’intera Sardegna, avviando di fatto quel processo che sfocerà alcuni secoli dopo nei Giudicati.

Secondo alcuni storici, al tempo dei Vandali si ebbe in Sardegna anche la prima esperienza di un governo autonomo. Infatti, il governatore vandalo Goda, approfittando dell’ampia autonomia di cui godeva, nel 533 si autoproclamò re (rex) dell’isola (come testimoniano alcune monete ritrovate raffiguranti sul dritto la sua effigie e nel rovescio quella del Sardus Pater). E fu così che «in Sardegna si formò per la prima volta una statualità, anche se limitata ai territori controllati dai Vandali e per pochi mesi» (Francesco Cesare Casula). Il re dei Vandali Gelimero, che non tollerava la ribellione, lo fece deporre e giustiziare come traditore.

Poco dopo, però, l’imperatore d’Oriente Giustiniano (482-565), che considerava Gelimero un usurpatore, inviò in Africa e in Sardegna un forte esercito al comando del generale Belisario, che sconfisse i Vandali e riportò l’Africa vandalica e la Sardegna sotto il dominio dell’Impero Romano d’Oriente o Impero bizantino (534).

La dominazione bizantina

La dominazione bizantina in Sardegna durò più a lungo di quella vandala, per cui lasciò tracce ben più incisive, a cominciare dall'organizzazione amministrativa. Infatti, per salvare dalle invasioni barbariche anche la Sardegna, una delle sette province della prefettura del Nord Africa che aveva la sua sede centrale in Cartagine, Giustiniano impose una diversa suddivisione dei poteri, introducendo la distinzione tra potere civile e politico e potere militare, con a capo due diverse autorità.

Il potere civile e politico era assegnato a un governatore o «preside» (Praeses, chiamato anche Judex Provinciae), che governava il territorio in nome dell’imperatore di Bisanzio e risiedeva dapprima a Forum Traiani (Fordongianus) e poi, dal 687, a Kalaris, mentre il potere militare era affidato a un duca (Dux), che si occupava degli affari militari e risiedeva a Forum Traiani. Le due magistrature, Praeses (o Judex) e Dux, erano però spesso in conflitto (non solo di competenza) tra loro, per cui era facile presagire la loro integrazione in un’autorità unica, come avverrà nei futuri Giudicati sardi, dove i giudici conserveranno per lo più il titolo di giudice Judex, sebbene i sigilli recassero talvolta la designazione di rex (Gallura, Logudoro e forse Arborea).

Giustiniano raffigurato su un mosaico
nella 
basilica di San Vitale a Ravenna
Il passaggio fu lento ma irreversibile. In seguito alle frequenti incursioni degli Arabi (iniziate agli inizi dell’VIII secolo lungo le coste sarde dove detenevano probabilmente anche punti fissi nei pressi delle antiche città di Tharros e Olbia), Bisanzio, che aveva già perso gran parte dell’esarcato africano, ritenendo di non poter tenere a lungo nemmeno la Provincia Sardiniae, finì per abbandonarla al suo destino, lasciandola «in uno stato di totale prostrazione», pur continuando a considerarla formalmente ancora appartenente all'Impero e sottomessa a un pesante prelievo fiscale.

Approfittando di questa specie di vuoto di potere, è probabile che s’inserisse sempre più incisivamente nelle vicende della Sardegna la Chiesa di Roma, già intervenuta con Gregorio Magno quando sollecitò una pace tra Bizantini e Barbaricini per favorire la cristianizzazione di questi ultimi. «Il ribaltamento della tradizionale alleanza tra papato e impero bizantino» (P. Maninchedda) avvenne, tuttavia nel 754 quando il papa Stefano II preferì il sostegno della potenza emergente dei Franchi al posto di quella bizantina. Da allora, i papi intervennero sempre più frequentemente nelle questioni non solo religiose della Sardegna, sottraendola di fatto dall'influenza bizantina e attraendola nell'orbita politica e culturale occidentale.

A conferma di ciò viene spesso ricordata la missione di ambasciatori sardi (legati Sardorum de Carali civitate dona ferentes venerunt) presso la corte dell'imperatore Ludovico il Pio nell'815 al fine di chiedere protezione e aiuto contro le incursioni saracene. Questo significa «che gli orientamenti diplomatici del papato incidevano notevolmente sul governo dell’Isola» (P. Maninchedda).

Benché di quell'epoca fino alla seconda metà del IX secolo si sappia ancora poco, tuttavia si sa, per esempio, che l’influenza del papato è andata via via crescendo e che proprio in quel periodo si è accentuato il processo di autonomia, sostanziale anche se non ancora formale, della Sardegna da Bisanzio» e di formazione di entità territoriali indipendenti, che daranno vita in seguito a «quattro piccoli regni detti Giudicati» (Mauro G. Sanna). Andava delineandosi anche l’organizzazione interna di queste entità indipendenti ciascuna delle quali, detta Logu, era suddivisa in distretti amministrativi o curatorie (curadorias), con a capo un governatore (detto secondo i Giudicati loguserbator, lociservator o curator).

Era un'organizzazone di tipo piramidale con al vertice il sovrano detto «Iudike», giudice (dal latino iudex) o rex (in Gallura, nel Logudoro e forse nell'Arborea) e i membri più anziani della sua famiglia. «Intorno al giudice e alla sua famiglia ruotavano i cosiddetti maiorales (voce riconducibile, in ultima analisi, al latino maior), ossia i personaggi più influenti del giudicato, ricchi proprietari terrieri e membri dell’alto clero».

L’esigenza di un’organizzazione di tipo statuale era dovuta certamente a motivi interni, ma anche alla necessità di difendersi efficacemente dalle razzie dei pirati islamici, che agivano soprattutto lungo le coste, diventate ormai troppo pericolose. Per mettersi in salvo, una parte dei Sardi cercò rifugio all'interno dell’isola, ma la maggior parte era ancora rimasta nelle città e nei villaggi lungo la costa. La difesa non fu facile, ma le popolazioni locali seppero reagire con grande risolutezza organizzandosi o lasciando che nelle varie regioni i capi locali provvedessero alla difesa del proprio territorio. Fu tuttavia solo grazie al coordinamento dei vescovi locali e della Chiesa di Roma che si riuscì a impedire che gli Arabi s’impossessassero della Sardegna.

Rimando al prossimo contributo alcune conclusioni a cui sono giunto analizzando le «tracce» che i popoli «invasori» antichi hanno lasciato in Sardegna, prima di affrontare il tema della dominazione pisana e genovese. (Segue)

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