6 La dominazione vandala e bizantina
Secondo alcuni sardi (o molti, secondo altri), tutti i Popoli «invasori» sarebbero venuti in Sardegna per trarne profitto, per depredarla di eventuali ricchezze. E’ un’opinione rispettabile, ma senza fondamento, perché la Sardegna è sempre stata un’isola povera, più un mercato d’importazione che di esportazione. E’ invece sostenibile che quei Popoli abbiano scelto la Sardegna perché rappresentava uno scalo importante nella navigazione mediterranea, né troppo vicino né troppo lontano dall'Asia e dall'Africa, da dove sono partiti tutti i Popoli arrivati dal mare. Ed è stato soprattutto grazie al contributo di tali «invasioni» che la Sardegna è giunta alla modernità e attraverso il mare sono giunte in Sardegna più ricchezze di quante ne siano uscite. Tra i Popoli antichi ne forniscono un’ennesima dimostrazione i Vandali e i Bizantini, di cui in genere si parla poco.
La dominazione vandala
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A porre fine alla dominazione romana in
Sardegna furono, come in tutto l’Impero Romano d’Occidente, le invasioni
barbariche. Uno dei principali popoli «barbari», i Vandali (popolazione
germanica stabilitasi inizialmente nell’Africa settentrionale), nel 455-456
invasero la Sardegna e vi restarono per circa ottant’anni. Essendo interessati
soprattutto al controllo delle rotte marittime tra l’Africa e il resto del
Mediterraneo, considerarono l’isola un importante centro strategico, per cui
occuparono prevalentemente le zone costiere dell’isola per lo sfruttamento dei
porti esistenti e non si spinsero all’interno dell’isola se non per compiervi
razzie (perché allora il commercio di schiavi era molto lucrativo). Pertanto è
comprensibile che non abbiano lasciato in Sardegna testimonianze significative
della loro presenza.
La localizzazione delle nuove diocesi nelle
pianure e colline cerealicole è significativa. Infatti 4 si trovavano a nord
(Ampurias, Ploaghe, Sorres e Bosa), 4 a ovest (Tharros, Santa Giusta, Terralba
e Usellus – di cui le prime due si estendevano sul massiccio della Barbagia); 1
a sud (Dolia) e 2 a est (Suelli - che aveva sede all'interno della diocesi
precedente con giurisdizione sull'Ogliastra - e Galtellì). Nella Sardegna
pastorale, invece, si trovavano solo tre diocesi: Castra, Bisarciu e Ottana.
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| I due papi sardi Ilario e Simmaco. |
Secondo alcuni storici, al tempo dei Vandali
si ebbe in Sardegna anche la prima esperienza di un governo autonomo. Infatti,
il governatore vandalo Goda, approfittando dell’ampia autonomia di cui
godeva, nel 533 si autoproclamò re (rex) dell’isola
(come testimoniano alcune monete ritrovate raffiguranti sul dritto la sua
effigie e nel rovescio quella del Sardus Pater). E
fu così che «in Sardegna si formò per la prima volta una statualità, anche se
limitata ai territori controllati dai Vandali e per pochi mesi» (Francesco
Cesare Casula). Il re dei Vandali Gelimero, che
non tollerava la ribellione, lo fece deporre e giustiziare come traditore.
Poco dopo, però, l’imperatore d’Oriente Giustiniano (482-565), che considerava Gelimero un
usurpatore, inviò in Africa e in Sardegna un forte esercito al comando del
generale Belisario, che sconfisse i Vandali e
riportò l’Africa vandalica e la Sardegna sotto il dominio dell’Impero Romano
d’Oriente o Impero bizantino (534).
La dominazione bizantina
La dominazione bizantina in Sardegna durò più
a lungo di quella vandala, per cui lasciò tracce ben più incisive, a cominciare
dall'organizzazione amministrativa. Infatti, per salvare dalle invasioni
barbariche anche la Sardegna, una delle sette province della prefettura del
Nord Africa che aveva la sua sede centrale in Cartagine, Giustiniano impose una
diversa suddivisione dei poteri, introducendo la distinzione tra potere civile
e politico e potere militare, con a capo due diverse autorità.
Il potere civile e politico era assegnato a un governatore
o «preside» (Praeses, chiamato anche Judex Provinciae),
che governava il territorio in nome dell’imperatore di Bisanzio e risiedeva
dapprima a Forum
Traiani (Fordongianus) e poi, dal 687, a
Kalaris, mentre il potere militare era affidato a un duca (Dux),
che si occupava degli affari militari e risiedeva a Forum Traiani. Le due magistrature, Praeses (o Judex)
e Dux, erano però spesso in conflitto (non solo di competenza) tra loro,
per cui era facile presagire la loro integrazione in un’autorità unica, come
avverrà nei futuri Giudicati sardi, dove i giudici conserveranno per lo più il
titolo di giudice Judex, sebbene i sigilli recassero talvolta la
designazione di rex (Gallura, Logudoro e forse Arborea).
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| Giustiniano raffigurato su un mosaico nella basilica di San Vitale a Ravenna |
Approfittando di questa specie di vuoto di
potere, è probabile che s’inserisse sempre più incisivamente nelle vicende
della Sardegna la Chiesa di Roma, già intervenuta con Gregorio Magno quando
sollecitò una pace tra Bizantini e
Barbaricini per favorire la cristianizzazione di questi ultimi. «Il
ribaltamento della tradizionale alleanza tra papato e impero bizantino» (P.
Maninchedda) avvenne, tuttavia nel 754 quando il papa Stefano II preferì il sostegno della potenza emergente
dei Franchi al posto di quella bizantina. Da allora, i
papi intervennero sempre più frequentemente nelle questioni non solo religiose
della Sardegna, sottraendola di fatto dall'influenza bizantina e attraendola
nell'orbita politica e culturale occidentale.
A conferma di ciò viene spesso ricordata la
missione di ambasciatori sardi (legati Sardorum de Carali civitate dona ferentes
venerunt) presso la corte dell'imperatore Ludovico il Pio nell'815 al fine
di chiedere protezione e aiuto contro le incursioni saracene. Questo significa
«che gli orientamenti diplomatici del papato incidevano notevolmente sul
governo dell’Isola» (P. Maninchedda).
Benché di quell'epoca fino alla seconda metà
del IX secolo si sappia ancora poco, tuttavia si sa, per esempio, che
l’influenza del papato è andata via via crescendo e che proprio in quel periodo
si è accentuato il processo di autonomia, sostanziale anche se non ancora
formale, della Sardegna da Bisanzio» e di formazione di entità territoriali
indipendenti, che daranno vita in seguito a «quattro piccoli regni detti
Giudicati» (Mauro G. Sanna). Andava delineandosi anche l’organizzazione interna
di queste entità indipendenti ciascuna delle quali, detta Logu, era
suddivisa in distretti
amministrativi o curatorie (curadorias), con a capo un
governatore (detto secondo i Giudicati loguserbator, lociservator o curator).
Era un'organizzazone
di tipo piramidale con al vertice il sovrano detto «Iudike», giudice
(dal latino iudex) o rex (in Gallura, nel Logudoro e forse
nell'Arborea) e i membri più anziani della sua famiglia. «Intorno al giudice e
alla sua famiglia ruotavano i cosiddetti maiorales (voce riconducibile,
in ultima analisi, al latino maior), ossia i personaggi più influenti
del giudicato, ricchi proprietari terrieri e membri dell’alto clero».
L’esigenza di
un’organizzazione di tipo statuale era dovuta certamente a motivi interni, ma
anche alla necessità di difendersi efficacemente dalle razzie dei pirati
islamici, che agivano soprattutto lungo le coste, diventate ormai troppo
pericolose. Per mettersi in salvo, una parte dei Sardi cercò
rifugio all'interno dell’isola, ma la maggior parte era
ancora rimasta nelle città e nei villaggi lungo la costa. La difesa non fu
facile, ma le popolazioni locali seppero reagire con grande risolutezza
organizzandosi o lasciando che nelle varie regioni i capi locali provvedessero
alla difesa del proprio territorio. Fu tuttavia solo grazie al coordinamento
dei vescovi locali e della Chiesa di Roma che si riuscì a impedire che gli
Arabi s’impossessassero della Sardegna.
Rimando al prossimo contributo alcune
conclusioni a cui sono giunto analizzando le «tracce» che i popoli «invasori»
antichi hanno lasciato in Sardegna, prima di affrontare il tema della
dominazione pisana e genovese. (Segue)
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