7. Conseguenze delle antiche dominazioni della Sardegna

Alla fine dei rapidi cenni sulle dominazioni fenicia, punica, romana, vandala e bizantina ci si può domandare se e quanto abbiano influito sullo sviluppo della Sardegna. Considerando che tali dominazioni sono durate complessivamente più di un millennio, è evidente che vi abbiano influito e, sotto molti aspetti, in misura determinante. Basterebbe ricordare che in quel tempo la Sardegna è passata dalla preistoria alla storia e ha raggiunto, in pieno Medioevo, la consapevolezza della sua importanza nel contesto del Mediterraneo occidentale.

Osservazioni preliminari

La Carta pisana (1296), una delle più antiche del mondo,
evidenzia la centralità della Sardegna nel Mediterraneo occ.
1.     Trattandosi di dominazioni straniere, non si può dimenticare che i popoli «invasori» sono venuti in Sardegna per sfruttarne la posizione geografica nel Mediterraneo e alcuni, specialmente Punici e Romani, anche per colonizzarla e sfruttarne sistematicamente le risorse minerarie, agricole e umane. Nondimeno, sarebbe riduttivo considerare gli antichi invasori solo dei predatori (che solitamente rapinano e fuggono evitando possibilmente di lasciare tracce). Le lunghe dominazioni e persino quella relativamente breve dei Vandali hanno infatti inciso sullo sviluppo della Sardegna, lasciando tracce importanti nell'economia, nella politica, nella lingua, nella cultura, nella religione, nello sviluppo demografico.

2.     A quanti sostengono che le dominazioni straniere hanno penalizzato gravemente lo sviluppo proprio dei Sardi, si può rispondere che purtroppo di questo «possibile» sviluppo non si sa nulla (perché gli antichi Sardi, prenuragici e nuragici, non conoscendo la scrittura, non hanno lasciato documenti scritti al riguardo), mentre sono numerose le testimonianze archeologiche e documentali delle tracce lasciate dai popoli «invasori».

3.     Poiché molte testimonianze hanno una datazione incerta e la stessa origine non è sempre evidente si conclude spesso che anche l’attribuzione debba essere insicura, dimenticando che la popolazione «sarda» è mutata nel tempo, ha modificato le proprie caratteristiche in seguito all’inevitabile integrazione con altre popolazioni. Infatti è plausibile che sul ceppo originario sardo si siano innestate e assimilate via via altre popolazioni residenti in Sardegna da lunga data, modificandolo radicalmente. Oltretutto è impensabile che una popolazione non certo numerosa come quella sarda potesse sopravvivere alle numerose dominazioni di popolazioni straniere, senza alcuna possibilità di assorbirle, specialmente lungo le coste dove gli «invasori» hanno sempre cercato di stabilizzarsi.

4.     Di seguito vengono richiamati alcuni esempi di quanto e come le varie dominazioni hanno influito sullo sviluppo della Sardegna, privilegiando quelli che si ritiene abbiano inciso maggiormente sul futuro dell’isola, ricordando che i dati archeologici finora studiati rivelano una civiltà «sarda» antica, ma non antichissima e con molte contaminazioni. Gli stessi nuraghi sembrano comparsi in Sardegna quando in altri Paesi esisteva la scrittura, la civiltà era molto avanzata e nell'isola si erano insediate già popolazioni straniere provenienti dal mare. Del resto, intorno all'VIII secolo a.C., quando la civiltà «sarda» aveva raggiunto un livello molto alto, anche la grande statuaria scoperta al Monti Prama e l’arte dei famosi bronzetti sardi rivelano contaminazioni di popolazioni diverse.

La dominazione fenicio-punica

Il limes tra popolazioni nuragiche e territori controllati
dai Punici prima della dominazione romana.

Tra i popoli preromani presenti per lungo tempo in Sardegna, i Fenici (che cominciarono ad arrivare in Sardegna nel secolo XI) e i Punici (che ne svilupparono l’eredità) sono quelli che hanno inciso maggiormente sullo sviluppo dell’isola, grazie soprattutto a un lungo processo d’integrazione etnica (matrimoni misti, comuni interessi), culturale (ampliamento degli orizzonti, introduzione della scrittura) e industriale-commerciale, tanto da generare una vera e propria «civiltà sardo-fenicia» e «sardo-punica». Lo stesso mitico eroe «sardo» Amsicora (o Hampsicora) era in realtà, secondo molti studiosi, un «sardo punicizzato», un «sardo-punico» nato in Sardegna.

Il loro contributo è stato importante in tutti i campi, dall'agricoltura all'attività estrattiva e alla fusione dei metalli, dalla statuaria in pietra alla fusione del famosi «bronzetti sardi», dal commercio alla efficiente viabilità, ecc. Ma la loro influenza è stata particolarmente rilevante soprattutto nella creazione di nuovi insediamenti, soprattutto lungo le coste, come Nora, Karalis, Bithia, Sulki, Bosa, Cornus, Tharros, Othoca (oggi Santa Giusta), Neapolis, Bithia, PortoTorres (ribattezzato dai Romani Turris Libisonis), Sorso, Castelsardo, Olbia, Cala Gonone, Sarcapos, Villaputzu, Cuccureddus di Villasimius, Monte Sirai (Carbonia), ecc.

La dominazione romana

L’influsso della dominazione romana sullo sviluppo della Sardegna è stato ancor più evidente di quello delle dominazioni precedenti, anche se la conquista romana è stata per i Sardi molto più dolorosa (i conquistatori si vantavano addirittura di aver ucciso o fatti schiavi più di ottantamila nemici in pochi anni) e costosa (dovevano fornire a Roma in grande abbondanza non solo grano, bestiame, minerali… ma anche schiavi).

Resti del tempio romano di Antas, nell'Iglesiente,
già santuario nuragico e in auge anche in epoca punica.
Eppure il lascito dei Romani ai Sardi è ritenuto enorme in molti campi, soprattutto nelle attività economiche: l’agricoltura (benché limitata prevalentemente alla cerealicoltura e basata sul latifondismo e l’impiego massiccio di schiavi), la viticoltura, la pastorizia, le attività estrattive, il commercio d’esportazione (minerali, sale, grano, animali, prodotti agricoli, materiali da costruzione) e d’importazione (olio, vino, vasellame, marmi, ecc.) hanno fatto registrare notevoli progressi. Purtroppo i Sardi non erano i maggiori beneficiari.

I Romani hanno valorizzato e migliorato le infrastrutture viarie create dai dominatori fenici e punici, specialmente tra Cagliari e Porto Torres, hanno sviluppato i principali insediamenti fenicio-punici e ne hanno creato dei nuovi come Fordongianus (Forum Traiani), dotandoli spesso di terme, acquedotti, templi, teatri, ecc.

Altri lasciti importanti dei Romani ai Sardi sono stati l’organizzazione amministrativa, la lingua latina (che costituirà in seguito un importante sostrato unificante ai vari dialetti sardi e soprattutto alle varietà logudorese e campidanese), il sistema giuridico (che costituirà la base su cui poggeranno anche la Carta de Logu e i Condaghi dell’epoca giudicale), la libertà religiosa (che ha consentito una rapida cristianizzazione dei Sardi, ad eccezione dei Barbaricini, che vivevano «come animali insensati» che adoravano «legni e pietre», secondo un’annotazione di san Gregorio Magno).

In generale, tuttavia, sotto i Romani la vita quotidiana dei Sardi non dev’essere migliorata granché, essendo costretti a lavorare duro, a vivere in condizioni precarie e a morire giovani (secondo certi calcoli, la vita media dei Sardi era di appena 37 anni per i maschi e 35 anni per le donne).

Le dominazioni vandala e bizantina

Finita la dominazione romana, anche le successive dominazioni vandala e bizantina hanno lasciato tracce importanti in Sardegna).

Impero bizantino   5 prima di Giustiniano (527)
e (in giallo) 
dopo la sua morte (565).
I Vandali (455-534), che erano cristiani intolleranti di confessione ariana, hanno favorito un certo spirito unitario del popolo sardo cattolico attorno ai vescovi delle cinque diocesi dell’epoca, aprendo la strada a un’influenza crescente dei vescovi e specialmente del Papa nelle questioni della Sardegna.

I Bizantini, che dominarono formalmente la Sardegna fino all'avvento dei Giudicati, lasciarono tracce ancor più evidenti nell'organizzazione amministrativa (con la separazione del potere politico dal potere militare) e religiosa (aumentando il numero delle diocesi, edificando numerose chiese, alcune ancora ben conservate, nel rafforzamento del cristianesimo (esteso anche alla Barbagia dopo la sconfitta dei Barbaricini nel 594), nell'influenza crescente del papato nelle vicende della Sardegna; ma persino con il loro crescente disinteresse per le sorti della Sardegna, soggetta a continue incursioni di pirati saraceni, i Bizantini lasciano ampio spazio all'affermazione di poteri regionali, che daranno vita in seguito a «quattro piccoli regni detti Giudicati», di cui si parlerà in seguito.

Commenti

Post popolari in questo blog

1943: l’annata dei 101!

Rapporti commerciali tra Genova e la Sardegna nel XII e XIII secolo: Sezione terza: Documenti e Bibliografia